Palermo, l'aquila e l'elefante: zoologia di una sfida infinita

17.12.2011 11:00 di  Francesco Gioè   vedi letture
Palermo, l'aquila e l'elefante: zoologia di una sfida infinita
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© foto di Federico Gaetano

Ci risiamo. È di nuovo derby.
La sfida epica e infinita tra due città, due tifoserie, due pezzi di Sicilia si rinnova, stavolta in terra etnea. Come un anniversario, una ricorrenza. Come un rito. Una cerimonia pagana in cui i devoti portano a spalla le “vare” con i simulacri dell’aquila e dell’elefante lungo le strade della propria emotività.
Una partita di calcio. Solo una partita, dicono in molti: non hanno capito niente.
Palermo-Catania è una partita, ma giocata con l’orgoglio. Una roulette russa. Un duello all’ultimo pallone, che si gonfia di grinta, regionalismo, filosofia, storia, biologia: è un esame di maturità! Anche quello, certo. Il calcio e un mucchio di altre cose ci stanno dentro! È la versione moderna di un duello medievale; un romanzo di Pirandello, un impatto frontale. È la battaglia del Regno delle due Sicilie, che sotto i Latini ebbe due capitali, Panormus e Catanius, che combatterono per la leadership senza venirne mai a capo. O forse ricordo male, la storia non è il mio forte, però sono quasi certo che il capitano Achab fosse nato a Ballarò e Moby Dick, la balena bianca, originaria della playa. Poi c’è quella vecchia storia di Davide che mangiava meusa e Golia che sciava sull’Etna. Addirittura un mio cugino di Librino, sentì dire che i puffi secoli or sono  fossero rossazzurri e che Gargamella li catturasse per impastare panelle e crocchè. Da queste cose vecchie e memorabili si capisce cos’è il derby! E che carica di rivalità porta in grembo…
Dallo stadio "Cibali" intanto giungono voci di un elefante particolarmente scorbutico, mentre l’aquila rosanero è stata vista volteggiare nervosamente attorno alle cime di monte Pellegrino. Chissà che il bello di questa sfida, in fondo, non si riduca proprio a questo: ad uno scontro tra animali, tra feticci, tra icone. In una Sicilia sempre più vittima di bugie, attacchi alla schiena e  intrichi segreti, forse avere un nemico fraterno da aggredire a viso aperto è proprio quello che ci vuole. Forse combattersi in un campo di calcio è affare di vero onore. Dunque dobbiamo dirglielo ai nostri uomini d’onore che in questa partita non devono sentirsi né friulani, ne argentini e manco sloveni, ma palermitani. Al massimo arabi, bizantini e normanni, va bene presidente Zamparini? Va bene signor Ilicic?
Cali l’aquila sul Liotro, e speriamo che stavolta gliele si possa suonare. Due belle artigliate sulla proboscide e tutti a casa.
Perché a me i catanesi non sono mai piaciuti. Sono cattivi, brutti, diversi. Hanno la coda e la corazza e francamente parlano proprio male. Pare che cantino invece di pipitiare… Glielo devo dire a mio cugino di Librino, domani che andiamo insieme all’Ikea: i catanesi non mi sono mai piaciuti! Intanto che aspetto continuo a leggere ‘sto scritto di Calvino, intitolato “Il visconte dimezzato”. Narra le vicende di Medardo di Terralba - un paese a metà tra Palermo e Catania - che un bel giorno, a causa di una pallonata si divise in due: uno rosanero e uno rossazzurro. Oppure non è così ma sono certo che il grande Italo, che prima di tutto fu siculo - o no? Ma siii... -, mi perdonerà.
Che cominci la festa dunque, e sia festa per tutti. Con le macchine ferme per l’aumento della benzina; con l’occupazione ferma per la crisi globale; con lo sviluppo fermo per colpa del ponte (che non c’è), si fermi pure l’orologio: c’è il derby. Per dimostrare che questo cronografo dalle lancette immobili, chiamato Sicilia, può segnare l’ora esatta, almeno due volte all’anno…