Passaportopoli, cosa cambia rispetto il passato?

I carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna (Napoli), come anticipato ieri da TuttoPalermo.net, hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Nola a carico di due indagati poichè, dietro compenso di denaro, avrebbero fatto in modo che 300 cittadini brasiliani ottenessero la cittadinanza italiana senza però avere i requisiti previsti dalla legge. In questa lista compare il nome del centrocampista rosanero Bruno Henrique Corsini, oltre che di altri calciatori militanti nel massimo campionato francese e portoghese. Quello dei passaporti falsi è uno scandalo che aveva investito il calcio italiano già nella stagione 2000/01, in quel caso però erano state le società ad agire direttamente nell'interesse del giocatore. Tutto era iniziato il 14 settembre 2000 quando, durante un viaggio per una trasferta di Coppa Uefa, vennero fermati per possesso di passaporti falsi due giocatori dell'Udinese. Lo scandalo, ribattezzato Passaportopoli, oltre che l'Udinese coinvolse altri cinque club di A (Inter, Roma, Milan, Lazio, Vicenza), uno di B (Sampdoria) e 15 calciatori (tra cui Recoba, Veron e Dida). A procurare i passaporti falsi era un certo Bared Krausz Van Praag, noto nell'ambiente calcistico come 'l'uomo del sudamerica'. Sin dalle prime battute il processo si annunciò complicato e con possibili conseguenze spaventose, l'applicazione dei punti di penalizzazione poteva infatti compromettere la salvezza o la qualificazione alle coppe europee delle società coinvolte. Il dibattito era centrato sull'art. 40 comma 7 delle N.O.I.F (Norme organizzative interne della FIGC), nella parte in cui prevedeva che soltanto tre calciatori tesserati o provenienti da Paesi diversi dall'Unione Europea potevano essere utilizzati nelle gare ufficiali in ambito nazionale. I club coinvolti, con in prima fila il Milan, il 4 aprile 2001 presentarono quindi un ricorso alla Corte Federale, dove chiedevano l'illegittimità di questa disposizione poichè, introducendo una limitazione al tesseramento e all'utilizzo dei giocatori extracomunitari, realizzava un'indebita discriminazione. Dopo alterne vicende e udienze rimandate, la Corte Federale, il 4 maggio 2001, accettò il ricorso disponendo l'annullamento dell'articolo. Questo permise una notevole riduzione delle pene: soltanto un ammenda per le società e al massimo un anno di squalifica per i giocatori coinvolti. Uno scenario del tutto diverso dovrebbe invece scaturire dalle indagini su questo nuovo scandalo. A rischiare una squalifica infatti, se tutto venisse confermato, sarebbero soltanto i giocatori e non le società che, avendo acquistato il giocatore quando già in possesso del passaporto italiano, rappresenterebbero invece la parte lesa.